di Simona

Una ex paziente racconta la sua esperienza di elaborazione del lutto della morte della madre, la sua esperienza di amore, fino a quando finalmente guarisce, e la mamma arriva stabile dentro di lei e ci rimane per sempre

Presentazione
del Dott. Andrea Maria Gambardella


INTRODUZIONE

“Ciao sono Simona, se hai aperto questa pagina o ci sei finito per caso, o sei in cerca di aiuto, lo so bene come ti senti, ci sono passata anch’io! Nella tua vita tutto va, bene, ma dentro, hai questo malessere che non capisci da dove arriva. Oppure la vita ti ha messo davanti a tante difficoltà o situazioni di perdita di qualcuno, che dentro hai una grande disperazione. Come me cerchi di spiegarlo alle persone ma nessuno capisce il tuo dolore interiore. Il tempo passa ma le cose non migliorano. Io ho urlato per anni il dolore che avevo dentro, ma nessuno sentiva, sei solo tu che puoi cambiare la tua situazione, cercando dentro di te. Ti chiedo solo di prenderti un po’ di tempo e leggere questo racconto. Datti una possibilità di star bene. Io l’ho fatto e la mia vita è cambiata”.

… ci sono storie che vanno raccontate, per far sentire le persone meno sole, e per mostrare quanto un amore tra madre e figlia possa essere così grande …

PRESENTAZIONE

Questa è la storia di un caso clinico di completa guarigione, e quindi di una elaborazione del lutto riuscita, di una signora che aveva subito il trauma della morte di sua madre, morta nel 2019, e la sua vita si era fermata, si era bloccata, da quando la madre si era ammalata di tumore, 8 anni prima, nel 2011.

La signora parlava a sua madre come se fosse ancora viva, al presente, fin dalla prima seduta, quando, come vedrete, è arrivata in un mare di lacrime. Questo libro racconta la sua esperienza, è il suo percorso di crescita, il percorso dei suoi “bambini interni” fino all’adultità, è la sua testimonianza di come sia possibile rinascere dopo che la vita ti blocca per tanti anni e ti paralizza! Sì, è possibile guarire e riprendere il percorso di vita, questo ne è un esempio importante. 

Questa persona è stata presa per mano dallo psicologo, lei ha preso la sua mano, l’ha tenuta ben stretta, e con le altre mani libere hanno preso per mano la sua “parte bambina”, così si sono tenuti tutti “a cerchio” insieme alla sua parte adulta alleata in alleanza con lo psicologo, e così hanno fatto un cammino insieme importante, fino alla fine del suo viaggio, fino alla sua completa guarigione, fino al traguardo di vita per Simona di non essere più una sua paziente. 

Il libro secondo me è talmente bello, che non ha bisogno di altre parole, va solo letto col cuore, con l’anima, tutto d’un fiato. E va letto pensando a noi stessi, ai nostri bambini interni che vogliono parlare con noi dopo anni che sono stati dentro di noi nascosti, intrappolati, a sbattere la testa e ad urlare e piangere nel tentativo di raggiungerci, nella loro stanza chiusa a chiave nell’abisso profondo del nostro inconscio. E va creduto che tutto ciò si può fare, bisogna sentirselo dentro, nel profondo di noi stessi, per credere veramente che si può parlare con i nostri bambini interni, che non vedono l’ora che qualcuno ci parli insieme, che non vedono l’ora di essere presi per mano e ascoltati, che qualcuno ascolti il loro dolore, e questo qualcuno è la loro mamma, che è la “parte grande” del paziente. L’unico modo per crescere è far diventare finalmente grandi ed adulti questi bambini. Hanno bisogno di noi! Dobbiamo lasciarli sfogare e poi lasciarli piangere, per poi asciugare insieme a loro le loro lacrime. Ma prima bisogna aprire la porta della loro stanza.

La signora ha voluto esprimere le sue emozioni e rendere pubblica la sua testimonianza del suo percorso, perché il suo intento è aiutare altre persone che hanno sofferto come lei ad uscire fuori dal tunnel per vedere la luce. Perché si può guarire e raggiungere la luce e quindi stare bene nella vita. Bisogna crederci ed essere motivati al cambiamento, ma bisogna avere il coraggio di soffrire, perché la sofferenza fa parte della vita, ne è una componente fondamentale, è una tappa, che a volte fa paura al paziente, ma è necessaria per crescere. 

Quindi bisogna crederci non solo che esistono veramente i bambini nascosti intrappolati dentro di noi, ma che si possono fare crescere, che possono diventare adulti per non infastidire più la parte adulta che così torna a funzionare. Io dico così che la parte bambina non “ruba più il cervello” alla parte adulta, e la lascia libera di esprimersi libera di “volare” nella vita, nel cielo luminoso della vita lontana dalle tenebre del suo inconscio. 

La signora ce l’ha fatta, e anche così in fretta, e questa testimonianza è un augurio per tutti i pazienti che stanno male, un incoraggiamento a provarci anche loro, perché tornare ad essere felici veramente e liberi finalmente si può. 

Ogni paziente arricchisce lo psicologo, ogni paziente è come un figlio, fa crescere ancora anche lo psicologo, non c’è figlio che si preferisce, si vuole bene ad ognuno in maniera diversa, ma rimangono tutti nel cuore. Con ognuno c’è il massimo sforzo per farli crescere.

Questo libro serve come testimonianza verso tutti coloro che sono indecisi, o hanno paura di crescere, e magari mollano  il loro “percorso di crescita” dopo non avere avuto immediati risultati apparenti, ma senza essere guariti del tutto, mentre guarigione significa che il tuo, i tuoi “bambini interni” sono cresciuti finalmente, sono diventati adulti fino all’adultità più globale, non certo “vie di mezzo”, no, ma guarigione più totale. E cioè finalmente si sono separati ed individuati e hanno lasciato “libera” la parte adulta del paziente che ne era loro succube.

Ma ognuno ha i suoi tempi, per fare crescere i suoi bambini interni, nessun paziente è uguale all’altro, le tempistiche per ognuno sono diverse, e a volte proprio le loro paure ce lo impediscono, perché sono troppo forti, e il paziente scappa perché la “parte bambina” gli segnala un pericolo troppo forte imminente. E allora bisogna rallentare il percorso di crescita con un bel “tappo” farmacologico, per poi “scalare” i farmaci lentamente, e nel frattempo “chiudere il buco” attraverso l’elaborazione dall’emozione pura, delle emozioni pure dell’amigdala, far parlare finalmente la parte bambina del paziente, dargli voce, verbalizzando sempre di più le sue emozioni che così assumono un senso reale, si “significano”, cioè si da un significato agli affetti più reconditi, più profondi. Per la signora non c’è stato bisogno di assumere degli psicofarmaci, siamo andati lentamente in profondità e non è successo nulla di grave. E’ stato fatto tutto con molta delicatezza, in perfetta sintonia.

Il libro secondo me, oltre ad essere un’idea della paziente molto originale, le è nato dal profondo del suo cuore, sia come gratitudine alla madre che come “missione” per aiutare le persone che soffrono come lei. Ed è anche un regalo allo psicologo, come gesto di gratitudine, nella speranza che altra gente possa guarire come lei dopo essere stata male come lei. Ed è una testimonianza diretta che esistono i nostri bambini interni nascosti, e che non si può parlare di loro come facenti parte di una scissione dell’Io, e quindi come qualcosa di patologico. 

Questo libro va letto pensando a noi stessi, ai nostri bambini interni che sono vivi dentro di noi, che se non sono cresciuti, vogliono parlare con noi dopo anni che sono stati dentro di noi nascosti, intrappolati, a sbattere la testa contro il muro della loro prigione interna e ad urlare e piangere nel tentativo di raggiungerci, dalla loro stanza chiusa a chiave nell’abisso profondo del nostro inconscio. Lo psicologo dice sempre ai suoi pazienti: voi non ci crederete, vi sembrerà impossibile, ma voi avete un vero figlio dentro di voi, che dovete fare crescere come qualsiasi figlio reale in carne ed ossa! Per quello che lo psicologo deve invitare sempre il paziente al più presto a dargli un nome a suo figlio interno, ai suoi figli interni, non deve perdere tempo per parlare con lui, per parlare con loro, ma deve instaurare subito il dialogo, per “agganciarlo”, per “agganciarli” e tirarlo, tirarli fuori dal “buco nero interno” dove è rimasto, dove sono rimasti intrappolati. E quando lo psicologo parla con questi bambini interni da del tu al paziente, e spesso è lui che gli da voce, dicendo al paziente cosa sta pensando la sua parte bambina, se lui non se ne accorge, perché si instaura un fortissimo legame tra lo psicologo e la sua parte bambina. Spesso, specialmente all’inizio del percorso di crescita all’insaputa del paziente, c’è un legame particolare tra il bambino nascosto del paziente e lo psicologo, come se lo psicologo avesse un rapporto segreto con la parte bambina del paziente, che prima o poi verrà svelato al paziente, che però ha bisogno dei suoi tempi. E va creduto che tutto ciò si può fare, bisogna sentirselo dentro, nel profondo di noi stessi, per credere veramente che si può parlare con i nostri bambini interni, che non vedono l’ora che qualcuno ci parli insieme, che non vedono l’ora di essere presi per mano e ascoltati, che qualcuno ascolti il loro dolore, e questo qualcuno è principalmente la loro mamma, che è la “parte grande” del paziente. 

L’unico modo per crescere è far diventare finalmente grandi ed adulti questi bambini. Hanno bisogno dello psicologo! Lo psicologo deve lasciarli sfogare e poi lasciarli piangere, per poi asciugare insieme a loro le loro lacrime, dopo avergli fatto capire perché hanno pianto! Ma prima bisogna aprire la porta della loro stanza. Non è un’operazione facile, perché spesso le serrature dopo decenni sono arrugginite, e la chiave non c’è più! E’ stata buttata via per paura! Troppo forte è la paura di affacciarsi al mondo reale! Il bambino piccolo ha paura di uscire o sa uscire solo in maniera eclatante, ma anche il paziente, la sua parte grande, ha paura a parlarci, perché il suo bambino interno gli fa troppa paura, perché lui è pura emozione, puro impeto, puro “istinto”, e spesso puro dolore, e a volte pura rabbia, esprime direttamente le emozioni dall’amigdala, mentre il lavoro è fare in modo che le emozioni vengano verbalizzate ed arrivino alla corteccia cerebrale. 

La signora ha avuto il coraggio e voluto esprimere le sue emozioni e rendere pubblica la sua testimonianza del lavoro svolto con lo psicologo, perché il suo intento è aiutare altre persone che hanno sofferto come lei ad uscire fuori dal tunnel fino a vedere la luce. Perché si può guarire e raggiungere la luce. Bisogna crederci ed essere motivati al cambiamento, se una persona che sta male non vuole guarire non potrà mai guarire, ma bisogna avere il coraggio di soffrire, perché la sofferenza fa parte della vita e del “percorso di crescita”, ne è una componente fondamentale, è una tappa, che a volte fa paura al paziente, ma è necessaria per crescere. Bisogna mettere in conto che a volte la paura fa tremare fino a traballare, a volte è come quando si sale un sentiero di montagna e c’è sotto l’abisso, lo strapiombo, ma arrivare su in cima alla montagna ne vale la pena, lo spettacolo è da mozzafiato, si vedono dall’altra parte, in un altro mondo quindi cose che non si erano mai viste, albe e tramonti unici, è un altro mondo dall’altra parte, pieno di serenità e di luce, è il mondo della libertà di essere finalmente se stessi!

Quindi bisogna crederci non solo che esistono veramente i bambini nascosti intrappolati dentro di noi, ma che si possono fare crescere, che possono diventare adulti per non infastidire più la parte adulta che così torna a funzionare. Così che la parte bambina non “ruba più il cervello” alla parte adulta, e la lascia libera di esprimersi, libera di “volare” nella vita, nel cielo luminoso della vita lontana dalle tenebre del suo inconscio che la annebbia, che non le fa vedere la realtà per quella che è realmente. 

Il paziente ha paura che quando i suoi bambini crescono poi muoiono, ma non succede così.  Quando si cresce non si muore mai! Le parti bambine ogni volta cresciute non spaventatevi non muoiono mai, ma rimangono a fare compagnia, si integrano nella personalità, ma non fanno più paura, più, e per tutta la vita la parte grande ci può parlare, dialogare insieme, in diretta ogni momento, rimangono i figli adulti e cresciuti che sempre fanno compagnia, sono i nostri preziosi alleati nelle difficoltà, nella clinica, non c’è più bisogno di scrivergli lettere o farci scrivere lettere, perché il dialogo con loro è alla luce del sole, limpido, tra adulto e adulto. Sì perché molto spesso il paziente ha paura di crescere proprio per paura, ha il dubbio, che la loro che le loro parti bambine muoiono se crescono, e visto che sono loro figli, non lo sopporterebbe, e allora bisogna dargli fiducia al paziente che le sue parti bambine non muoiono mai ma quando diventano grandi gli fanno compagnia per sempre, e questo libro testimonianza ce la dà, perché dà la fiducia che i bambini nascosti una volta cresciuti ci saranno sempre! 

Nel caso clinico che seguirà c’è stata una fortissima alleanza terapeutica tra lo psicologo e la signora Simona, si sono intesi da subito, la signora si è subito fidata dello psicologo nonostante fosse per lei uno psicologo sconosciuto trovato per caso in internet. Il fatto che la sua bambina piccola interna si sia subito sciolta in un mare di lacrime appena ha visto lo psicologo, significa che c’è stato un aggancio immediato con lei! Così lo psicologo ha trovato una signora brillante, sensibile, molto intelligente, con rara capacità empatica e ottima capacità di elaborazione dei suoi vissuti. Una signora con un grande cuore. Quindi capace fin da subito di mettersi in contatto con le sue parti più recondite, con il suo inconscio. La “Simona grande”, si è subito totalmente fidata dello psicologo, ma anche tutte le sue parti bambine, si è fatta subito “prendere per mano”, e a sua volta lei ha preso con l’altra mano Marta e Ketty, i suoi bambini interni, come ha fatto lo psicologo con l’altra mano. Così c’è stata una catena insieme che ha unito la paziente allo psicologo, e insieme sono andati sotto negli abissi nella profondità, nel pozzo nascosto dell’inconscio della signora Simona dove era nascosta sia Marta che Ketty, come un sommergibile sono finiti nel più profondo dell’abisso del suo oceano dove è sovrano il buio, il colore nero, e lentamente sono risaliti su, sono passati dal buio alla luce. Molto significativo che la signora Simona ha fatto per anni a fare solo sogni al buio, era sempre notte nei suoi sogni, il suo cielo era sempre nero, per poi arrivare, solo nell’ultima parte della guarigione, a fare sogni alla luce del sole. Era la luce che aveva ritrovato nel suo cuore depresso guarito e nella sua anima rifiorita. Perché la ricchezza della signora è stata aver combattuto con tutte le sue forze, anche con quelle spirituali. Ogni giorno, con forza. Sì la signora è molto credente, si è fatta aiutare anche dalle sue preghiere, che era un altro modo per rimanere in contatto con sua madre, che era ed è “il suo angelo”.

Lo psicologo è così veramente felice, una volta che una paziente guarisce, che spicca il volo, come un passerotto che abbandona il suo nido, e vola libero finalmente nel suo cielo, che è poi il cielo degli adulti, è come per lo psicologo un figlio che cresce e si fa strada nella vita, separato, libero, e diventa adulto, e riprende il cammino della sua vita, perché ha superato il blocco che gli impediva di andare avanti nel suo percorso di vita. Non si può descrivere la gioia immensa che si ha dentro, è proprio come quando tuo figlio reale diventa grande!

Anche Simona ha ritrovato la sua libertà e ha potuto riprendere, come avete visto, a funzionare nella vita, dopo che è stata bloccata per 8 anni.

Questo ha potuto farlo nel momento stesso che si è “staccata”, che si è separata dalla mamma, operazione che non le era riuscita quando la madre era in vita, dove era morta insieme a lei! Adesso non è più “morta” insieme a lei, ma è tornata a vivere, è tornata a funzionare nella vita, con la mamma sempre adesso vicina nel cuore che cammina al suo fianco.

Ma qual è in pratica il percorso che lo psicologo deve fare insieme al paziente? Bisogna prima di tutto che lui stesso provi a parlare con i suoi bambini interni, dice sempre un po’ scherzando lo psicologo “con il suo asilo”, ci vuole nella prima fase un buon contatto con la sua parte bambina che così si sente compresa capita ed amata, e lentamente poi il lavoro da fare è fare sentire alla parte adulta le emozioni della parte bambina, in modo tale che le possa vivere di persona, ed elaborarle. Che significa? Significa che le parti bambine inizialmente sono mute e si esprimono solo tramite le emozioni ed il linguaggio corporeo e non verbale, perché urlano piangono si arrabbiano, specialmente la parte bambina abbandonica che si è creata generalmente prima dei tre anni, quando non sapeva ancora parlare. Mentre cresce quindi svolge il percorso che avrebbe dovuto fare se fosse cresciuta in sintonia con il suo corpo da giovane senza rimanere bloccata, e dall’emozione si passa alla verbalizzazione dell’emozione che diventa parola nel processo di mentalizzazione. La parte adulta così incomincia a sentire le emozioni della parte piccola e le fa proprie, le coscientizza, le fa diventare parti della sua coscienza adulta, gli da un nome e cognome e voce. Come dire che il bambino che è sempre meno nascosto regala i suoi vissuti emotivi a “sua madre”, la parte adulta del paziente, che li fa suoi e gli dà un significato, un nome, per poi restituirli alla parte bambina che così cresce e può iniziare a parlare, e qui mi riferisco di più alla prima parte bambina che nasce, che è quella abbandonica, che nasce tra i 0 e i tre anni. Poi quella legata all’autostima e quella sessuale nascono dopo, e dopo un lavoro su di loro hanno parola, sì loro hanno parola, ci si può parlare insieme. Ecco perché è più difficile far parlare la parte abbandonica, perché è piccola senza parola indifesa e sola, ed è spesso a rischio di crollare nell’abisso. 

Insomma il percorso generalmente è lungo e complesso, mentre in questo caso clinico direi “eccezionale”, anche perché la paziente aveva di per sé una forza molto spiccata ed un’autodeterminazione assoluta verso la guarigione, il percorso è stato veramente breve, solo 8 mesi, di due sedute la settimana, prima vis a vis ma principalmente online, è stata una scelta obbligata dal Lock Down.  Il processo porta la parte “bambina nascosta” a diventare sempre più autonoma adulta sicura di sé, e quindi a separarsi dalla madre “Simona grande” e ad individuarsi come persona sempre più adulta, e in ultima analisi la parte bambina in sintonia con la parte adulta hanno la forza di finire il “percorso di crescita”, perché sono diventate adulte.

In pratica all’inizio c’è come una scissione tra la parte piccola e la parte grande del paziente, non si conoscono, sono distanti, una è nell’inconscio, l’altra in un ambiente tutto diverso dall’altra, che è alla coscienza. La parte adulta del paziente non conosce quindi la parte bambina, ma ne subisce i sintomi, ne è schiava di essi, ne è debilitata da essi, ne è succube. E allora il “percorso di crescita” della parte piccola verso l’adultità la porta sempre più a risalire in superficie e ad avvicinarsi alla sua mamma, la sua parte adulta, e così si avvicinano sempre più, e passa dall’essere inconscia ad essere cosciente.

Prima c’è la fase dell’aggancio, quindi, quando viene presa la mano del bambino nascosto, poi c’è la prima fase dell’avvicinamento, è proprio quando la parte bambina conosce finalmente la sua “madre interna”, che è la parte grande del paziente, ed è veramente per lei, magari dopo decenni, una gioia! Perché ha trovato chi la può salvare dalla sua sofferenza. E così vediamo situazioni dove il paziente piange e non sa neanche perché, e si stupisce del suo pianto, perché non sa riconoscere da dove viene, chi è che piange, si chiede, dentro di sè? No, allora lo psicologo dice, non è lei parte adulta signor paziente che piange, ma vede, è la sua parte piccola nascosta nel suo inconscio, il pianto è la dimostrazione che lei, che essa esiste! E così la prima fase della conoscenza è proprio l’accettazione dell’esistenza del bambino nascosto, che quando si ritrova riconosciuto dalla parte adulta è forse il momento di sua maggiore gioia, perché sa che ci sono i presupposti per guarire, per raggiungerlo, per arrivare sempre di più ad essergli vicino, fino a poterlo abbracciare alla fine del percorso di crescita, quando finalmente le distanze si sono sempre più accorciate e la parte bambina incontra sua madre e suo padre, la sua parte adulta. Paradossalmente proprio questa unione sancisce la loro separazione definitiva, l’apice del processo di separazione – individuazione della parte bambina che assume quindi la sua forma adulta, è diventata adulta, è diventata grande, e quindi può colloquiare tranquillamente con la parte grande, ma soprattutto non le usa più il cervello, ma diciamo “le chiede il permesso” ogni volta di usare la sua coscienza, che a questo punto è anche sua! Non si sovrappongono più, non le “ruba più il cervello”, sparisce l’inibizione intellettiva, spariscono i sintomi, e nasce la libertà di pensiero, l’assoluta libertà di pensiero. E la paziente guarisce.

Vedremo infatti come Simona una volta sia cresciuta la Marta, la sua parte bambina abbandonica, e la Ketty, la sua parte legata all’autostima, che la frenava dalla paura, possa per sempre per tutta la vita parlare con le sue parti bambine in diretta, ed è lì che finisce la solitudine, perché ognuno si fa compagnia a vicenda, ed è bellissimo. Mentre la parte bambina del paziente fin dall’inizio del percorso di crescita è direttamente collegata alla ex parte inconscia l’ex bambino nascosto dello psicologo che lo psicologo ha fatto crescere fino all’adultità nella sua analisi o nelle sue analisi. E così il bambino interno ex abbandonico cresciuto ed adulto adesso dello psicologo, per esempio, prende direttamente lui quasi in automatico per mano la parte bambina, il bambino nascosto inconscio del paziente, e lo porta dall’inconscio alla coscienza, quasi d’istinto, mentre la parte adulta dello psicologo si gode in diretta la scena del lavoro della sua parte bambina ex bambino nascosto cresciuto, si gode in diretta come fa lui a fare crescere la parte bambina Marta o Ketty del paziente. Così lo psicologo si fida totalmente della sua ex parte bambina cresciuta e a questo punto alleata alla sua parte grande, e gli dà totale carta bianca, fai tu gli dice, fai quello che vuoi, come ti ho tirato fuori io con il nostro analista durante la nostra analisi durante il nostro percorso di crescita, che tutti gli analisti si sono fatti, tu adesso “divertiti” con gioia passione coraggio e a volte un po’ di incoscienza, a tirare fuori la parte nascosta del paziente, mentre io ti osservo a lavorare, sono su una sedia in disparte nello studio ed osservo come tu lavori, come voi lavorate insieme, miei cari bambini.

Mi viene in mente l’immagine di una corda che viene lanciata negli abissi dell’oceano, un’ancora che arriva fino alla profondità degli abissi, e poi lì si aggancia la parte bambina al buio nella parte più recondita del suo inconscio e lentamente il lavoro è portarla in superficie sempre più vicina e paradossalmente separata dalla sua parte grande che è cosciente, si passa quindi dall’inconscio alla coscienza in un processo di coscientizzazione, quasi “magico” per il paziente! Lo psicologo quindi osserva la scena nella seduta, nelle sedute, è come se prendesse una sedia, dicevo, e osserva il dialogo del suo bambino interno cresciuto, suo prezioso ed ottimo strumento analitico, che è lui in pratica che fa tutto il lavoro di far crescere il suo ononimo collega. La parte bambina dello psicologo avrà avuto un nome anche lei. 

Credo che più la ex parte bambina dello psicologo è stata “malata”, o meglio in profondità e non cresciuta, e meglio ha più esperienza quando è cresciuta, e sa meglio per merito della sua esperienza “tirare su” dagli abissi fino a vedere la luce la parte bambina del paziente. 

Secondo me solo lo psicologo che è stato vicino al suo abisso più profondo, ai suoi abissi più profondi delle sue parti bambine, può veramente capire cosa sia la sofferenza più totale delle parti bambine dei pazienti, che è stata simile alla sua, non si dimentica mai, e così può aiutarle a crescere! Solo quando la parte bambina dello psicologo non è cresciuta, si confonde con quella del paziente. 

Adesso viene illustrato il caso clinico. Una ex paziente racconta la sua esperienza di elaborazione del lutto della morte della madre, la sua esperienza di amore, fino a quando finalmente guarisce, e la mamma arriva stabile dentro di lei e ci rimane per sempre.


BIBLIOGRAFIA

    • S. Freud (1915) Lutto e melanconia, in La teoria Psicoanalitica, raccolta di Scritti 1911-1938, Bollati Boringhieri.
    • Alba Marcoli (1993), Il bambino nascosto, Oscar Mondadori.
    • Alba Marcoli (1996), Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili, Oscar Mondadori.
    • Alba Marcoli (1999), Il bambino perduto e ritrovato, Oscar Mondadori.
    • Alba Marcoli (2003), Passaggi di vita. Le crisi che spingono a crescere, Oscar Mondadori.
    • Alba Marcoli (2007), Il bambino lasciato solo, Oscar Mondadori.
    • Alba Marcoli (2010), Le mamme chi le aiuta. Come la psicologia può venire in soccorso dei

    genitori, Oscar Mondadori.

    • Alba Marcoli (2014), La rabbia delle mamme , Google Books.
    • Alba Marcoli (2014), La nonna è ancora morta? Mondadori.
    • Allan N. Schore (2008), La regolazione degli affetti e la riparazione del sé, Casa Editrice Astrolabio.
    • Mahler Margaret, Le psicosi infantili, Bollati Boringhieri, 1985.
    • Mahler Margaret, La nascita psicologica del bambino, Bollati Boringhieri, 1978.

Capitoli 1 i sintomi

17 gennaio 2021

Vi racconto la mia esperienza, sono sempre stata una persona dinamica, con molta fantasia e molta energia fisica. Ho avuto una bella famiglia, dove non mi è mancato nulla. Tanto affetto e sicurezza. Ho fatto una bella carriera lavorativa, insomma una vita che alla fine non era male. 

Ma circa 8 anni fa, e accaduto qualcosa dentro di me che ha cambiato completamente la mia vita.

È arrivato come a un fulmine a ciel sereno. Ha iniziato tutto una sera che vado a dormire, e mi mancava il fiato. Continuavo a cercare l’aria, una sensazione bruttissima. Poi gli eventi sono peggiorati, mi sono bloccata con la macchina in autostrada, giramenti di testa, paralisi in tutto il corpo, come se mi stava per venire un infarto. Non riuscivo a capire cosa stava succedendo. Sono arrivata al punto, che tutto quello che avevo sempre fatto nella mia vita, viaggiare in auto, dirigere un gruppo di lavoro, era diventato impossibile. 

Tutto questo e iniziato quando abbiamo scoperto il tumore di mia mamma. Erano momenti di stress, e per me tumore era uguale a morte.

Insomma in questi otto anni l’ansia e gli attacchi di panico e la depressione sono stati i miei compagni di viaggio. Ho perso il lavoro. Uscire di casa o dal letto in certi giorni era quasi impossibile.

Non c’era giorno dove io mi sentissi bene, ero disperata. Non avevo più serenità.


Capitolo 2 la malattia

Il cancro in un parente stretto, si insidia anche nelle persone che sono vicine, è incredibile vivi le stesse sofferenze. A ogni visita a ogni tac a ogni intervento, non hai il dolore fisico ma è un dolore che ti uccide dentro, come un cancro. 

Sei consapevole che probabilmente è solo questione di tempo, ma che la fine sarà quella, la morte nella sofferenza.

Le tue energie vanno solo in quella direzione, accudire e stare vicino alla persona il più possibile, perché sai che di più non puoi fare. 

I viaggi in ospedale, le visite mediche, le terapie. Farle accettare che i suoi capelli cadranno, e cercare di sdrammatizzare, magari anche con un sorriso. Però dentro ti senti morire perché non vorresti mai che tutto questo accadesse, soprattutto alla persona che tanto ami.

E le persone che ti stanno vicino, mariti e figli anche loro subiscono, le tue preoccupazioni, la tua ansia. E la tua assenza da casa. Hai dei conflitti interiori forti, vorresti stare con loro ma non puoi perché sai che l’altra persona sta male e ha bisogno di te. Quindi dentro di te diventa un vero casino, passi tutto il tempo a sentirti in colpa sempre con qualcuno.

Io nella mia esperienza con mia mamma, ho passato tanto tempo fuori casa e anche questo non è stato facile. Scegliere tra la tua famiglia e accudire tua mia mamma non sempre è facile, qualcosa devi sempre lasciare indietro. Tutti abbiamo pagato un prezzo. Ma io penso che è giusto accompagnare le persone, in un momento così difficile. Noi alla fine siamo spettatori del loro dolore. Ma la persona ammalata tutti i giorni in ogni momento si chiede “e ora cosa succede”? Immaginate a passare tutto questo da soli.


Capito 3 gli interventi chirurgici

L’esperienza con mia mamma, ha subito 3 interventi chirurgici, l’ultimo tumore che l’ha portata via non poteva essere operato.

Il primo tumore era all’utero quindi esportazione dell’utero, un intervento che alla fine ha superato bene, senza chemio. E si è ripresa bene.

Secondo tumore ad un fianco della pancia, dove ha dovuto fare la chemio e i dolori erano talmente forti che neanche la morfina faceva effetto. In quella occasione la situazione era molto pesante, soffriva e noi non potevamo fare nulla. Poi la chemio e la perdita dei capelli.

Ricordo bene il giorno, che siamo andate dalla parrucchiera per tagliare i capelli. Dai mamma sei bellissima anche così. Poi la scelta della parrucca. Un trauma, c’eravamo tutti, ho visto i miei parenti con gli occhi lucidi. E io ancora una volta dai mamma guarda come ti sta bene questa, prova anche questa e gli dicevo ma sai quasi quasi me ne compro una anche per me. E si perché in quei momenti non puoi farti vedere debole.

In quel periodo lavoravo a tempo pieno, al mattino alle 5 passavo da lei, poi durante il giorno la chiamavo e la sera finito il lavoro ero ancora con lei, mi sdraiavo nel letto vicino a lei, e si chiacchierava per farla distrarre un po’`dal dolore. 

Già lì non avevo più una vita avevo solo 41 anni, appena sposata ero felicissima, ma poi la vita mi ha fatto crescere troppo in fretta, e soprattutto mi ha fatto conoscere troppo in fretta cosa è la sofferenza. 

I miei giorni liberi dal lavoro, li passavo dai medici con lei per le visite. E le mie vacanze le prendevo per stare con lei durante gli interventi.

Anche questo tumore per fortuna è stato operato, ed era andato tutto bene. Ma la serenità non è durata a lungo.


Capitolo 4 il tumore più brutto

Nel frattempo io avevo perso il lavoro, ho venduto casa perché ero convinta che tutto sarebbe finito li. Perché non vuoi pensare che le cose andranno ancora peggio di così.

Mi sono trasferita in Liguria, dove avrei portato anche i miei genitori, ma ecco la sorpresa più brutta.

Il giorno del mio compleanno mia mamma, mi fa un regalo   “pensano che ho ancora un tumore alla vescica”.

In quel momento mi è caduto di nuovo il mondo addosso.

Lei ha sempre avuto il terrore, di mettere il sacchetto per la stomia, aveva vissuto il tumore di suo fratello. Con il sacchetto. Invece il suo destino è stato quello, esportazione della vescica e stomia.

L’ospedale dove doveva operarsi era a 300 km da casa, a Berna, clinica specializzata in questo tipo di intervento.

Abbiamo passato mesi a Berna io e lei, io stavo a casa di un ragazzo e dormivo sul divano, però a piedi l’ospedale era molto vicino, non ricordo più quanto ho pianto in tutto questo periodo, da sola ad affrontare tutto questo, non sapevo se sarebbe uscita viva dalla sala operatoria.

Mio marito ci accompagnava e veniva anche a trovarci. Mi è stato molto vicino.

Non racconto i dettagli perchè proseguiranno col racconto.


Capitolo 5 le conseguenze dell’ultimo intervento

Le conseguenze sono state catastrofiche. Appena uscita dall’ospedale sembrava tranquilla aveva il suo sacchetto “stomia”, che anche in quel caso farglielo accettare non è stato facile.

Ma poi sono iniziate le infezioni urinarie, che la portavano all’improvviso con 40 di febbre, con conseguenze cardiache, acqua nei polmoni, questo è andato avanti per due anni. 

Cercavamo di non lasciarla troppo da sola perché succedeva tutto all’improvviso. La prima volta è stata salvata da mio fratello che era un paramedico, e ha visto i sintomi. Poi piano piano ho iniziato anch’io a capire i sintomi, se aveva vomito l’infezione stava iniziando. Ha passato più tempo in ospedale in quei due anni che a casa. L’ospedale ormai per me e per lei era diventata casa nostra. E a Berna passavamo molto tempo.

Abbiamo conosciuto infermieri e dottori che sono diventati una seconda famiglia. 


Capitolo 6 la morte della mamma

Questo per me è un argomento molto difficile da raccontare, il suo ultimo tumore me l’ha portata via. Quanta sofferenza in questa malattia, non vi descrivo nei dettagli. Ma è tanta tanta sofferenza un tumore alla gamba vicino al nervo sciatico. Nessun farmaco le toglieva il dolore che aveva. Ma è stata riempita di morfina e il suo cuore non ha retto. Ho passato 5 giorni 5 notti al suo capezzale. 

L’ultima sua frase è stata “ ciao amore”.

Ringrazio mia cognata che mi è rimasta vicino in quei 5 giorni, dove ormai non c’erano più parole ma solo sguardi di sofferenza. 


Capitolo 7 la mia rinascita

Ho passato tutto l’anno seguente, a girarmi in giro per casa, passavo giornate intere a dormire, come sé per me non ci fosse più un futuro. 

Prima le mie giornate erano così piene, correvo per lei di giorno e di notte, oppure passavo le giornate a chiamare i medici. Mi occupavo di pulirle la casa, di lavarla, di portarla a passeggio quando stava meglio.

Ma ora ho questo vuoto immenso che non so come colmare. Ormai più di un anno è passato.

Non c’era minuto che non pensassi a lei, la notte non dormivo più.

Una mattina mi sono svegliata e ho detto a me stessa basta, devo uscire da tutto questo. Ma come fare ormai avevo provato farmaci, meditazione per calmarmi, ma niente piangevo sempre giorno e notte.

Poi ho pensato no no ho bisogno di aiuto, non voglio più stare così, la mia vita è ancora lunga, non posso più stare ferma, come se fossi morta con mia madre, no! Devo fare qualcosa.

Mi sono detta quale è la cosa che fin da l’inizio mi ha fatto stare così male. Bene la risposta era abbastanza semplice. La paura di perdere la mamma, e poi l’ho persa e io ero disperata. 

Da ragazza alla sera andavo a dormire, poi pensavo a quando avrei perso i miei genitori e mi mettevo a piangere. È sempre stato il mio terrore dovermi staccare da loro.

Allora ho cercato su internet un psicologo specializzato nell’ “elaborazione del lutto” è stato il primo che ho trovato.

Ho fissato l’appuntamento, il 13 ottobre 2020, la prima seduta, e da lì è iniziata la mia rinascita, verso la vita, l’accettare la morte della mamma, elaborare tutti i momenti, brutti della sua malattia, la sua morte. E altri traumi infantili.

Quando sono arrivata da lui in studio appena sono entrata ho iniziato a piangere, ero disperata, per me era impossibile parlare della mamma senza piangere. Ci sono stati molti momenti di silenzio, perché appena pronunciavo mamma mi mettevo a piangere, e non riuscivo più a parlare. Finite le sedute dicevo a mio marito, è tutto troppo doloroso, ripercorrere tutto. È stata veramente dura, anche perché dentro di me in fondo, non volevo uscire da quella situazione, avevo paura di dimenticare mia mamma.

Ogni ricordo mi faceva piangere, parlavo di lei al presente, non volevo accettare che lei non c’era più. Per me lei era assolutamente ancora viva, anche se era morta nel 2019, dopo essersi ammalata dal 2011! Così avevo cercato di tenerla in vita.

Una parte di me non voleva più tornare da lui, perché sapevo che dovevo affrontare la morte della mamma. E pensare che comunque lui avrebbe lavorato, per farmi separare mentalmente da lei, mi faceva paura. 

Ma sono ritrovata determinata a star bene.


Capitolo 8 i bambini interiori

Lo psicologo mi ha spiegato cosa sono i bambini interiori, ad alcune persone crescono e ad altri restano piccoli. E con dei trattamenti di “percorso di crescita”, si riesce a far crescere questi bambini, si riesce a farli diventare grandi. I “bambini nascosti” sono tre, e per stare bene devono crescere tutti e tre. Sono il bambino che ha bisogno ancora della sua mamma, quello abbandonico, il bambino dell’autostima, e il bambino sessuale. Nel caso del bambino che ha bisogno ancora della sua mamma, da piccola è successo qualcosa, presumibilmente la figura della mamma è venuta a mancare, anche solo per minuto o per qualche periodo, insomma c’è stata una forte mancanza, dai 0 ai 3 anni, quando questa mamma si forma dentro di noi, e quindi il bambino subisce un trauma, che si porta dietro tutta la vita E quando avviene un distacco importante durante la vita, è cosi traumatico perché rivivi quel trauma, perché ti fa riaffiorare tutti i vissuti di perdita di quando hai subito il trauma dell’abbandono da piccolino nei primi 3 anni. Infatti nel mio caso credo di non avere mai avuto un distacco fisico con mia mamma nei primi anni, perché io ho sempre avuto il bisogno di stare con lei, ma forse nei primi 3 anni è successo qualcosa, un piccolo trauma, una piccola perdita, una assenza di mia madre, che mi ha colto alla sprovvista, insomma qualcosa che non ricordo. 

Ricordo comunque che all’età di 3 anni ho dovuto staccarmi da mia mamma per 9 mesi, mi avevano mandato dalla mia nonna paterna. Un esperienza bruttissima, eravamo a 400 km di distanza. Anche se tutti i fine settimana mi veniva a trovare. I miei zii e mio nonno con me erano tutti bravi, mi trattavano come una figlia. Ma di mia nonna non ho un bel ricordo. Sono accadute cose che solo io e il mio psicologo sappiamo. Ma anche questo trauma l’ho superato.

Il lavoro più grande con lo psicologo e stato raccontare tutto quello che ho passato, soprattutto gli ultimi 8 anni, e vi assicuro che è stato un percorso molto doloroso. Lui mi ha insegnato che dovevo tornare a pensare sempre a mia madre, che per guarire non dovevo cancellarla dalla mia vita, anzi il contrario.

Io adesso parlo molto con la mia bambina interna abbandonica, lei ha anche un nome Marta, che le ho dato io. E’ la bambina dentro di me che vuole sempre la mamma.

Mentre ho un’altra bambina che si chiama Ketty. Lei è quella che non ha autostima, quella che ha paura di mettersi in gioco.


Capitolo 9 le frasi da ricordare

  • Il corpo riflette quello che dice la mente e viceversa.
  • Ho un grande amore per le persone o chiusura totale quando si comportano male.
  • Quando mi arrabbio voglio mollare tutto.
  • La Marta fa una cosa la Simona grande è più riflessiva.
  • A me manca una mamma interna.
  • Non pensare alla mia mamma, è come se l`abbandonassi.
  • Vorrei salvarle la vita stando male.
  • Mi sento in colpa se sto bene, mi sembra di tradire la mamma.
  • Secondo la Marta star male è voler bene alla mamma.
  • Io ho dentro sempre di più la mamma, che mi fa compagnia.
  • Quando visualizzo la mamma io esco dal mondo reale.
  • Non vivo il rapporto come mio fratello, ma lo vedo come la mamma che devo proteggere.
  • Ho il compito di lasciare andare in paradiso la mamma.
  • La Marta è egoista, vuole la mamma ancora con lei, tutto il resto non le interessa!.
  • Per ogni pensiero e per ogni cosa che si fa c’è sempre un senso che si può scoprire.

Lettera a Marta 27 ottobre ore 00.50

Simona: Ciao Marta come stai? In questi giorni sentiamo tanto la mancanza della mamma. Io sai che adesso ci sono, e sono io la tua mamma. Sto facendo del mio meglio per farti stare bene.

Marta: si mamma sto molto meglio. Ma ho ancora paura di lasciare la mamma Maria, la nostra mamma, ho paura che se non penso più a lei vorrebbe dire dimenticarla. Come se lei fosse vissuta per niente.

Simona: ma noi non dobbiamo dimenticarla, ma convivere in modo sereno con la sua assenza. Lei sarà sempre nei nostri cuori. In una altra forma ma è sempre vicino a noi. Non dobbiamo essere tristi. Abbiamo ancora tante cose da fare insieme.

Marta: ma lei non voleva essere dimenticata, senza di me sicuramente si sente sola.

Simona: sai Marta tutte le sere insieme facciamo una preghiera alla mamma, e sicuramente a lei arrivano, le sente. Quello è un momento solo nostro per farle sentire che le vogliamo bene, e che sarà sempre così. La mamma ci vuole vedere serene e felici. Adesso ci sono io che mi occupo di te.

Marta: io adesso ti sento quando mi fai ascoltare le fiabe, o la musica e quando parli con me. Prometto ogni giorno di avvicinarmi sempre di più a te che sei la mia mamma adesso, quella reale.

Simona: si lo sento che sei più tranquilla adesso. La mamma vuole trovare il modo di tenerti serena anche quando andiamo a dormire. Non pensare che se io dormo tu resti sola. Tu sei sempre con me, ma alla sera si ascolta una favola, poi tutti a nanna. Buona notte amore mio e sogni d`oro, ci sono io a proteggerti mentre dormi. 

Marta: buona notte mamma Simona e un bacio a mamma Maria (il nome della mamma morta).

Lettera a Marta 2 novembre ore 23.30

Simona: ciao Marta cosa ti succede in questi giorni? Ti sento tanto triste. È per la mamma e anche perché non puoi andare dal papà?

Marta: non lo so mi sento triste, forse perchè mi ricordo del funerale della mamma che è un anno oggi. E poi con la quarantena abbiamo lasciato il papà da solo.

Simona: sai che il papà lo chiamiamo tutti i giorni. E poi dove si trova non è completamente solo (si trova in una casa di cura per anziani). Poi è vero che la mamma oggi è un anno che è morta, ma ho promesso di occuparmi di te. Quindi non devi essere triste, poi oggi è la loro festa, la mamma starà festeggiando con tutta la famiglia.

Marta: lo so ma a me manca tanto e sono triste.

Simona: facciamo un bel gioco, pensa alla mamma quando era viva, pensa a quante cose belle abbiamo fatto con lei. Siamo state delle figlie tanto fortunate. Abbiamo passato dei momenti bellissimi con lei. Ma la vita è anche questo, le persone non possono stare insieme per sempre. Ma l’importante che quando ci sono le viviamo e le vogliamo bene, che viviamo intensamente con loro le nostre emozioni. Quindi tu devi essere solo felice, non tutti i figli sono stati cosi fortunati. Sai lei non ti ha mai abbandonata, magari si è solo distratta un attimo, e tu ti sei sentita sola. Mi prometti di pensare che le cose forse non sono proprio cosi come pensi? E comunque io ci sono e non vado via, devi stare serena. 

Marta: si ci penso a quello che mi hai detto, anche lei aveva le sue cose da fare e forse io l’ho interpretato i fatti diversamente da come è andata la situazione. 

Lettera alla Marta da parte di Simona  8 dicembre 2021

Ciao Marta, 

sai stamattina scorsa ho scritto una lettera alla mamma, era da un po’ che ne avevo voglia. Le ho detto le cose che penso e quello che sento volevo chiederti se avevi voglia anche tu di scrivere una lettera alla mamma. Puoi dirgli tutto quello che vuoi nessuno ti giudica.

Marta: si Simona ma non saprei cosa dire, ultimamente tu non me la fai più sentire tanto. Al cimitero mi porti poco sembra che ti stai dimenticando di lei. Però tu mi fai sentire più serena, le cose che mi scrivi mi aiutano a ripensare ai momenti passati con la mamma e più tu ne parli e più mi sento serena. C’è una cosa che ancora non capisco perché non sento la sua presenza. L’altra notte ti sei svegliata e sembrava che qualcuno ci tenesse la mano. Non mi sento più cosi disperata, mi parli di lei, mi fai vedere le sue foto?

Dialogo Simona e Marta 25 dicembre 2020

Simona: Hai fatto questi giorni che eri tranquilla, oggi ti sei svegliata ancora con questi pensieri della mamma morta. 

Marta: mi viene in mente la mamma morta nel letto, penso che potevamo fare di più. Forse è morta perché tu eri stanca e hai smesso di lottare per lei.

Simona: no io non ho smesso di lottare, anche i medici lo dicevano che non si poteva fare più niente. Lo sai che fino a quando ho avuto la speranza ho lottato per lei. Ma hai visto l’ultimo mese era solo una sofferenza, cosa avrei dovuto fare lasciarla li attaccata a una macchina con lei che magari si rendeva conto di tutto. Non mi farai sentire in colpa io le sono sempre stata vicina.

Marta: si ma tu avevi già preparato i suoi vestiti in macchina per il funerale, quando lei era ancora viva.

Simona: si ma sai perché? Non volevo che finisse dentro una cella frigo, sai bene di cosa parlo. Cosi è arrivato Riccardo il nostro amico (onoranze funebri) e l’ha portata via subito. E si è occupato di lei con tanto amore. Io ho scelto i miei vestiti li ho lavati e profumati, lei era bellissima. 

Marta: ma non mi hai fatto stare tanto con lei quando era morta sul letto. Perché dovevi fare i preparativi.

Simona: lo so ma era importante che me ne occupassi, papà e mio fratello non se la sentivano. Quello che ho fatto anche in quel momento era solo per il suo bene. Tu trovi sempre storie per farmi sentire in colpa. Devi veramente smetterla, di fare così io non ho nessuna colpa. Ho organizzato un funerale con la musica, tutto con tanto amore per l’ultimo saluto.

Marta: si così però non mi lasci sfogare è andato tutto così in fretta. Poi quando ultimamente lei piangeva sembravi scocciata. Quasi la evitavi sembravi arrabbiata con lei. Quasi la evitavi.

Simona: lo so ma non ero ne arrabbiata e ne scocciata. Solo non sapevo cosa dire e fare. Perché lei mi chiedeva cosa stava succedendo. Io non avevo più parole e mi sentivo a disagio, cercavo di sdrammatizzare.

Marta ti ricordi uno degli ultimi giorni diceva; perché continuo a piangere mi sento strana tanto triste.

Simona: lo sai cosa ha detto la dottoressa le sue parole: loro lo sentono che stanno per morire. Hai visto anche lo zio Romano ha chiamato la mamma dicendogli di andare in ospedale perché stava per morire, e dopo un ora è morto.

Davanti a questo non possiamo fare niente, guarda anche quanti giovani perdono la vita. In fondo la mamma ha fatto una bella vita. Circondata da l’amore della famiglia.

La bambina insicura che c’è in me

Lettera alla Ketty da parte di Simona:  6 gennaio 2021

Simona: ti sento agitata, mi sembra che non vuoi aiutarmi con il nuovo lavoro. È da qualche mese che sto cercando ma tu mi fai venire l’ansia.

Ketty: e sì perchè non penso che tu ce la possa fare, hai visto cosa è successo, ci siamo ammalate. Tutte le volte che qualcuno ci faceva delle osservazioni ultimamente, noi andavamo in panico.

Simona: no, sei tu che andavi in panico, io in qualsiasi situazione sapevo sempre cosa fare. Anche nelle situazioni più difficili. E se c’erano imprevisti me la cavavo sempre.

Ketty: si! Ma se adesso sei a letto tutto il giorno, senza forze, come pensi di riuscire a lavorare al 100%. Poi avevi detto che avresti trovato un lavoro tranquillo. Invece se accetti questo lavoro ci ritroviamo ancora con delle responsabilità.

Simona: Questo è quello che so fare meglio, è sempre stato il mio lavoro. Sei tu quella che continua a bloccarmi.

Ketty: Si ma è un lavoro di sacrifici, e penso che ne abbiamo fatti abbastanza, possiamo trovare qualcosa di tranquillo. 

Simona: ascolta lascia decidere a me, vedrai se durante il colloquio non sono convinta, sono la prima a lasciare stare. Ho bisogno di questo lavoro, per me la Marta ma soprattutto per te. Poi dove lavoro conosciamo tutti, in questi anni di lavoro non ci sono state cose solo brutte, ti ricordi solo quello che vuoi. Abbiamo incontrato tante persone, che stimavano il nostro lavoro, siamo brave in quello che facciamo. 

Marta mi scrive una lettera il 10 gennaio 2021

Ciao Simona, ho voglia di parlare con te. Sai oggi sto un po’ meglio, ma in questi giorni penso alla mamma. Mi manca tanto, poi faccio fatica a visualizzare il suo volto, e i momenti passati insieme. Mi sembra che non riusciamo più a sognarla.

Non ho un pensiero preciso che mi rende triste e malinconica. Mi vengono in mente solo dei frammenti. Ieri sera mi sono divertita quando hai messo la musica alta, e abbiamo cantato. Sento che tu hai voglia di vivere, sei sempre stata tanto attiva. Anch’io avrei voglia, ma quando stiamo così mi sembra di fare un torto alla mamma. 

Poi ci ha chiamate la Cristina, e abbiamo parlato tanto della mamma, e mi rendo conto di quante cose abbiamo fatto insieme, e come siamo state fortunate. 

Però ti ho fatto stare un po`meglio in questi giorni? Non ti ho fatto venire l’ansia o le fitte al petto.

Mi fa tanto bene parlare con te, quando lo faccio mi sento più serena e poi tu mi sai capire. Adesso sento che tu ci sei per me. Adesso usciamo e andiamo al cimitero a trovare la mamma. Ti voglio bene. 

Dalla prima seduta lo psicologo mi ha detto di trovare il nome per la mia bambina interiore. Dalla seconda seduta. Ho scelto Marta non è un nome a caso ma il nome della sorella di mia mamma. È stato il prima persona a cui ho pensato. Non capivo come questa cosa mi avrebbe aiutata. Poi mi ha detto di scrivere delle lettere a Marta, dei dialoghi tra me e lei. Non l’ho fatto subito perché non capivo a cosa sarebbe servito. Anche perché ero partita con l’idea vado da lui parlo poi sto bene. 

Poi col passare delle settimane, si stavo così così allora mi sono decisa. Una sera era abbastanza disperata, allora ho preso in mano foglio e penna e ho iniziato questo dialogo. Più scrivevo e mi rendevo conto di quante cose uscivano. 

Parlavo io poi parlava la bambina interiore, e vedevo che più scrivevo e più stavo bene.

Quindi tutte le volte che mi sentivo triste, iniziavo a scrivere e consolavo la bambina interiore. 

Poi ho pensato ma se le lettere la fanno stare bene, forse devo fare qualcosa di più. Allora visto che per me il momento peggiore era la sera quando andavo a dormire, mettevo le cuffie e le facevo sentire una favola, o della musica per bambini.

Insomma in poche parole a Marta le facevo da mamma.

E la stessa cosa è successa con la Ketty, ma con lei è stato un lavoro molto più facile. Probabilmente la ferita era meno profonda. E poi con lei sono stata molto più dura, per farle capire che non doveva più bloccare il mio cammino.

Beh, alla fine mi sono ritrovata qui, che sto bene ma non dimentico le mie bambine interiori. Ci parlo ancora, ma il nostro dialogo adesso è più da adulti. Non sento più questa mancanza della mamma. Adesso è integrata dentro di me, i miei pensieri sono completamente cambiati.

Il mio primo OBE (viaggio astrale) 9 gennaio 2021

Quella mattina mi sono vista, ricordo questa esperienza lucidamente come sé fosse accaduta adesso.

Ai piedi del letto c’era un bambino con i capelli scuri, molto sorridente, che si avvicinava all’armadio dove dentro ho ancora la valigia di mia mamma. L’ho portata via dall’ospedale quando è morta e non l’ho più toccata. Almeno la mia interpretazione è stata quella. Poi un altro bambino, capelli chiari a caschetto nel fianco del letto. Io mi sono avvicinata a lui e gli ho detto: ma come sei bello, come ti chiami? Ma nessuna risposta, lui era serio e mi guardava dritto negli occhi. Poi mi sono svegliata.

Vi racconto questo perché, in quei giorno sono accadute altre cose.

Vi chiederete cosa è un OBE: è difficile da spiegare e un po’ come un sogno lucido. Vivi a pieno quella esperienza come fosse realtà, ma in rete si trovano persone che lo sanno spiegare meglio di me. E queste cose sono accadute dal momento, che con lo psicologo siamo andati in profondità. Che abbiamo raggiunto il mio inconscio. Comunque una bellissima esperienza. 

Non si può sapere comunque sempre se è un OBE cioè un viaggio astrale oppure se è qualcosa che deriva dalla elaborazione dell’inconscio.

Sogno del 10 gennaio 2021

Mi sono ritrovata in un paesino, era buio, ho ritrovato il bambino che avevo visto nella mia camera. Poi ci siamo avvicinati a un fiume e noi eravamo su un ponte. Nell’acqua galleggiavano dei corpi di animali strani che la corrente portava via. In un momento mi sono ritrovata su una montagna piena di neve, il cielo era azzurro e il sole era fortissimo, come sfondo c’era un grande lago. 

A un certo punto davanti a noi arrivano due bambini in bicicletta, erano loro i bambini che avevo visto. Quello che mi guardava e non parlava, ha detto vado a sconfiggere il mostro. Ma la cosa che mi ha impressionato di più è quando mi ha mandato i baci, identico come faceva mia mamma. Ed stata l’ultima cosa che ha fatto prima di morire,  CIAO AMORE E POI QUESTO BACIO 

Di nuovo OBE (viaggio astrale)   12 gennaio 2021 il giorno più bello

Mi sono svegliata alla 7.00 del mattino, sono andata in bagno ho bevuto il caffè. Ma visto che era ancora presto mi son rimessa a letto. Verso le 9.00 vi dico l’orario perché al momento che è successo ho visto l’ora, su un orologio davanti a me appeso al muro. Dormivo ma a un certo punto ho sentito una mano che mi accarezzava, quella mano la conoscevo molto bene, era di mia mamma. Non sono uscita completamente dal corpo, mi basta girare la testa e la vedo. Lei era li ho fatto un urlo di felicità. Le ho detto ma tu cosa ci fai qui ? Come sei bella mamma, mi manchi tanto. Da dove sei venuta? Lei aveva intorno a sé una luce meravigliosa, poi lei ha alzato la mano e con un dito, ha fatto segno che non poteva rispondermi, poi ha fatto un segno al cielo e mi fa capire che non può dirmi niente. Io piangevo ma dalla felicità. Questa luce che emanava dava tanta gioia. Poi mi sono svegliata e l’orologio faceva le 9.01. 

La cosa che poi mi ha un po’ fatto diventare triste è stata: adesso ho l’impressione che non la sognerò più, è andata via per il suo cammino, era venuta a salutarmi. Non la vedrò più nei miei sogni. E così è stato. 

Dialogo con Marta 13.01.2021

Simona: Cara Marta, come ti sei sentita che hai visto la mamma ?

Marta: è stato bello ma quando è andata via ero triste. Perché è stato tutto così vero e dolce. Poi hai visto come rideva ? Con quel suo vestito blu.

Simona: vedi Marta sé tu non ti disperi lei viene. Ma quello che abbiamo visto è dentro di noi. Se tu ed io stiamo bene abbiamo solo da guadagnarci. Solo sé io riesco a stare tranquilla la possiamo incontrare. E anche sé non la vediamo più così sappiamo che sta bene.

Lettera alla mamma Simona 14 gennaio 2021

Ciao mami, come posso ringraziare il cielo per questo dono bellissimo. Il sogno non è stato solo un sogno io e te lo sappiamo. Era da più di un anno che ti aspettavo, avrei voluto farti tante domande ma il tempo che ci hanno concesso non era molto. Ora so che stai bene e credimi è la cosa più importante per me. Forse ero talmente dentro al mio dolore che non riuscivo a sentirti. Adesso che sono serena, sei comparsa. Comunque se vedi i miei occhi lucidi sono solo lacrime di felicità. Quella luce che ci avvolgeva era stupenda emanava tanta serenità. Grazie ancora mamma sono stata fortunata a vivere un esperienza cosi, ti amo tanto.

OBE ( viaggio astrale ) 13 gennaio 2021

E stato breve, mi addormento a un certo punto sento un energia fortissima, in tutto il corpo, come una scossa, un brivido. Voglio svegliarmi ma il mio corpo e paralizzato. Mi alzo solo fino al busto, era energia il mio corpo era sdraiato. Vedo una luce è difficile spiegare, era una sagoma senza volto, i tratti non definiti, una luce di un giallo oro molto luminosa. Mi allunga un braccio, io curiosa ho fatto la stessa cosa, ho pensato in quel momento ciao mamma adesso sei diventata un angelo, e io ho tirato indietro la mia mano. Mi sono svegliata, in un mare di sudore.

Lettera a me stessa Simona 15 gennaio 2021

Ho voglia di scrivere questa lettera a me stessa. È da tanto che non mi sentivo così bene, in questi giorni mi sembra di vivere un sogno. È tanto tempo che non mi affaccio alla finestra per sentire il vento, e guardare con attenzione quello che mi circonda. Le montagne il verde. 

Non mi ricordo più come stavo prima che la mia ansia, angoscia, che le mie preoccupazioni prendessero il sopravvento su di me.

Ma in questi giorni dopo tanto tempo mi sento libera. Sento che il capitolo mamma è chiuso. Inizio una nuova vita, con altri interessi consapevole che lei non tornerà più. Che però sarà sempre dentro di me. 

Che in tutto quello che farò ci sarà sempre un po’ di lei, la farò vivere con me e dentro di me.

Continuare a piangersi addosso non cambierà le cose. 

Tutti questi segni li aspettavo da più di un anno, forse è vero che quando riesci a fare pace con te stessa, loro arrivano. Lo so che io sono già predisposta per queste cose. Ma tutto questo mi fa capire, che alla fine tutta la sofferenza tutto il mio percorso è per riprendere in mano la mia vita. Lei mi è sempre rimasta accanto, come ho fatto io con la sua malattia. E che comunque quando un amore è cosi grande neanche la morte lo può spezzare.

Adesso a distanza di tempo non ho più bisogno di scrivere lettere, a Marta e a Ketty, ho imparato a convivere con loro. Cerco sempre di trovare del tempo per parlare con loro, e non farle sentire sole, ma sono finalmente cresciute, sono diventate grandi.

Io Simona funziono, io sto bene, sono dinamica, intelligente, coraggiosa e tanto altro.

Purtroppo nella vita incontriamo  persone che ci fanno credere il contrario. Forse nel mio caso mia mamma era tutto. Una mamma ma soprattutto una amica. Quando si è ammalata, ho perso il mio punto di riferimento e mi sono sentita persa.

Ho vissuto il senso dell’abbandono. 

Ma per mia fortuna un giorno ho tirato fuori la testa e ho detto basta. E aver incontrato il mio psicologo penso che anche in quel caso sia stata mia mamma a mettermi su quella strada. Andare dalla psicologo non vuol dire essere matti, ma capire cosa è successo dentro di te, guardare nel tuo profondo e capire cosa ti fa star male.

Io devo ringraziare il mio psicologo perché, insieme abbiamo fatto un gran lavoro su me stessa. E oggi mi sento bene. Amo mia mamma ma non ho più bisogno di andare a cercarla, perchè adesso lei è dentro di me.

Non ho più pianto, non sono più triste quando penso a lei.

Dialogo Simona e Marta 15 febbraio 2021

Simona: non so perché ieri ti sei messa a pensare ai nostri fratellini morti. Hai visualizzato più volte la foto. Forse perché speri che siano con la mamma o perché sei gelosa perché sai che forse sono con la mamma. Ma sé ci pensi bene sarebbe anche giusto. Noi siamo state con lei per 50 anni. Invece loro si può dire che non l’hanno mai conosciuta. Hai pensato anche quando 2 o 3 volte all’anno andavamo al cimitero. Però dovresti smetterla di continuare a pensare a chi non c’è più. Per me così non è più vita, mi fai vivere solo nel passato, fai come faceva la mamma. Pensi solo al passato e ci stiamo perdendo il presente. Io adesso devo stare bene perché voglio anche lavorare. Non possiamo permetterci di stare sempre a casa. 

Marta: si ho pensato a loro perché a Sciaffusa non ci siamo più stati, da ormai 20 anni. Poi mi viene in mente che la mamma parlava sempre di loro. Che aveva sbagliato e che forse era colpa sua, se erano morti. Ti ricordi la prima volta che siamo andate per la visita come era spaventata. Tanto che alla fine mio marito ha dormito da solo, e noi siamo state a letto  con la mamma. Sento ancora quella angoscia e paura mi dicevo è una citta grandissima Berna e non sappiamo nemmeno la lingua, come avremmo fatto da sole. Per fare la tac ci hanno portare nei sotterranei che facevano molta impressione. Io pensavo ho paura io chissà la mamma. Poi quando ci hanno detto che non sapevano sé sarebbe sopravvissuta all’intervento: ero nel panico. Da li sono passati ancora 2 mesi nell’ansia. Poi è arrivato il giorno e siamo partite, ricordo ancora che si è guardata indietro e ha detto chissà sé ritorno a casa. E il papà lo abbiamo lasciato disperato. 

Simona: si mi ricordo benissimo ma mi ricordo anche il primo intervento che ha fatto, 6 anni prima. Hai passato 8 anni a piangere perché per te tutti i giorni stava per morire. Il tuo difetto che fai già la strage prima che succeda. Ti ricordi cosa dicevo io alla mamma, quando era preoccupata perché forse stava per morire. Mamma guarda che nessuno lo sa quando dobbiamo morire magari muoio prima io. Quindi ci ritroviamo sempre così anche papà ha 81 anni, ma può vivere ancora per tanti anni noi non lo sappiamo.

Lettera alla mamma 25 febbraio 2021

Cara mami, grazie per tutto quello che hai fatto per me, io adesso so che sei in pace. Mi dispiace se ti ho resa triste a vedermi così sempre con le lacrime agli occhi. 

Ma non ero ancora pronta a lasciarti andare, ora sì, adesso devo camminare da sola, ma so che avrò sempre una tua mano che mi accompagnerà nel mio cammino. 

Ho superato tante difficoltà e tanti dolori, so che anche in futuro ce ne saranno tanti altri, ma ora penso di essere molto più forte.

Ho tanti ricordi io sono stata veramente una figlia fortunata, alla fine è questo che conta, quello che lasci quando te ne vai, l’amore nei cuori delle persone che hai amato.

Ti voglio bene

Mentre stavo scrivendo mi è arrivato un ondata intensa di profumo di fiori.

6 giugno 2021

Eccomi qua, il mio e stato un lungo percorso, in molte fasi doloroso. Ma probabilmente è una fase che bisogna passare per poi stare bene. 

Ho aspettato per concludere questo mio scritto, anche perchè ora le mie giornate sono piene.

La mia vita è tornata alla normalità ho di nuovo un lavoro, ma soprattutto dei progetti. Cosa che fino a un po’ di mesi fa non avrei mai pensato.

Vi starete chiedendo come va con la mamma, molto bene, ho instaurato un rapporto completamente diverso. Difficile da spiegare a parole, ma ora la sento dentro sento che è sempre con me. E non ho più la sensazione di abbandono, ancora adesso parlo tanto con lei, ma non con le lacrime agli occhi. E quando rileggo questo scritto, mi rendo conto che quella Simona non c’è più . Ho diminuito le mie sedute, perché mi sono accorta che finalmente riuscivo a camminare da sola, fino a ieri che ho avuto l’ultima seduta. Sono passati 8 mesi dall’inizio del percorso di crescita, che finalmente è finito, perché sono cresciuta. Quasi il tempo che occorre ad un bambino per crescere nella pancia della mamma. 

Io in questo scritto e nel mio percorso voglio ringraziare con tutto il cuore, il mio psicologo perchè da sola non ce l’avrei mai fatta. Mi ha veramente aiutata tantissimo, non mi sono mai sentita giudicata. E lo ringrazio di avermi messo davanti alla realtà più di una volta. Una realtà che molte volte ha fatto male, ma che però dovevo affrontare. Io posso solo dare un consiglio, non mollare e farsi aiutare. Ma comunque bisogna metterci molto impegno perché lo psicologo da solo non può fare nulla. Bisogna essere una squadra quello che siamo stati noi. Sicuramente ci saranno ancora degli incontri. Grazie ancora.

Ci tengo a dire ancora una cosa. All’inizio non scrivevo lettere anche se lo psicologo quasi mi supplicava di farlo, perché non ne vedevo il senso, e mi dicevo cosa scrivo, in realtà perché non ero in contatto con i miei bambini interni. Ma poi ho preso in mano foglio e penna ed è stato incredibile quello che usciva. Mi rendevo conto che c’era veramente una Simona e una Marta ed una Ketty perché io mi sentivo in un modo ma quando avevo per esempio la risposta della Marta era solo una bambina disperata e triste che rispondeva. Quindi quando mi sentivo giù iniziavo a scrivere alla Marta e piano piano c’è stato il cambiamento dentro di me. Alla sera ascoltavo anche delle favole o della musica per bambini. Credetemi sembra stupido ma questo metodo funziona. Io la mia Marta l’ho fatta crescere non piange più non è più triste ed è molto più forte di prima. Ora è al mio fianco e non mi ostacola più. Ma c’è sempre un pensiero per lei. Ricordo una sera avevo l’ansia per una situazione che stavo vivendo, ad un certo punto ho iniziato a parlare con lei, le ho detto di stare tranquilla, che ci avrei pensato io a risolvere il problema, che doveva fidarsi di me, e sono stata subito bene! Questo per dire che i bambini interni nascosti, esistono, esistono veramente come dice lo psicologo, fidatevi di lui e di me! 

Ci tengo a dire inoltre che finita l’analisi migliorano non solo i rapporti con le persone che si vogliono bene, ma anche con tutti gli altri, perché finalmente l’altra persona viene vista con gli occhi della parte adulta che ha un giusto esame di realtà, mentre prima veniva vista con gli occhi delle parti bambine che sfasano la realtà. Quindi l’altro finalmente si vede per quello che è, e quindi si può vivere con lui una relazione genuina. 

Concludo il mio libro con un ringraziamento speciale a mio marito.

  • Grazie per aver aiutato me e mia mamma
  • Grazie per tutto l’amore che hai avuto per noi
  • Grazie per avermi abbracciato e consolato nei momenti più difficili
  • Grazie per aver asciugato tutte le mie lacrime

E un grazie da mia mamma, che ti ha sempre apprezzato e voluto bene, per tutto quello che hai fatto per lei.